Paola Tabusso2022-12-05T13:43:33+01:00
Ha aspettato una delle più copiose nevicate degli ultimi vent’anni per andarsene.
Ha voluto assicurarsi che le scuole fossero chiuse, la circolazione difficile, qualcuno a costruire pupazzi al Valentino o giocare a tirarsi palle, come usava quando eravamo ragazzi, che la fioca era un pretesto per guardare fuori dalla finestra e divagare coi pensieri. Non uscire di casa, mettersi addosso un plaid, bere un te caldoe gioire della morsa dell’inverno. I rumori attutiti, il caos dimenticato, un inconsueto silenzio. Il momento migliore per dire addio alla Crocetta, sollevarsi dalla terra e volare via come un omino del suo amato Chagall. Francesco Tabusso ci ha lasciati, quando Torino si risvegliava assonnata e coperta da un manto bianco. La sua città gli ha regalato l’ultima nevicata, il soggetto prediletto della sua pittura, quello che amici e collezionisti amavano di più, nonostante sia stato autore di quadri altrettanto efficaci e intensi.
È vero, quando scompare un artista antico come era lui, c’è il rischio di ricordarlo con troppa nostalgia, prigionieri di quel sentimento d’antan che se non riesce a riportarci indietro nel tempo almeno ci regala l’illusione dell’eterna giovinezza.
Emerse, lui strenuamente figurativo, nella stagione dell’Informale astratto con i suoi coetanei Ruggeri, Saroni e Soffiantino. [...]